«Mi chiamo Matarrèse, Michele Matarrèse». Per quanto poco originale, l'inizio è indubbiamente a effetto. Ma la colonna sonora non è quella di James Bond, bensì il crepitare sordo del cemento che implode, sgretolando i palazzi di Punta Perotti e il sogno imprenditoriale della più nota famiglia di costruttori pugliesi. Una storia tutta barese, perché Bari è la città in cui l'urbanistica fa e disfa fortune, costruisce carriere e crea (falsi) miti nel triangolo tra imprenditori, politica e magistratura. «Assolti e confiscati» è il libro che Michele Matarr
ese - «una vita dedicata a creare e realizzare, nel segno della serietà e per decenni, strade, ponti, ferrovie, stadi, strutture pubbliche e via dicendo», come si perita di evidenziare nella prefazione - manda in libreria per i tipi del Sole-24 Ore al prezzo (indubbiamente confindustriale) di 28 euro.
È la storia, naturalmente dal punto di vista dei Matarrese, dei vent'anni trascorsi tra il primo via libera al complesso di Punta Perotti e la decisione con cui la Corte europea dei diritti dell'uomo ha sancito che lo Stato italiano non avrebbe dovuto appropriarsi dei terreni su cui sorgevano i palazzoni abusivi. Un pasticcio all'italiana in cui Matarrese - lo ripetiamo, dal suo punto di vista - ha qualche briciolo di ragione: un costruttore progetta, investe, chiede un permesso, lo ottiene, inizia a costruire salvo poi subire un sequestro, ottenere un’assoluzione, poi un secondo sequestro e alla fine l'onta della demolizione pur senza aver riportato alcuna condanna. E dopo tre lustri, a Bruxelles, c'è un giudice che ordina allo Stato di risarcire.
Anche per questo il sottotitolo del libro, che sarà presentato venerdì 7 a Bari presso il Parco dei Principi (luogo che non può non far venire in mente la vicenda similissima di Lama Balice, con Vito Vasile e il suo «Imputato inconsapevole») è «una storia di straordinaria ingiustizia».
Una storia infinita impastata di tribunali e di sofferenze - siamo, diciamolo ancora, dal punto di vista del costruttore -, ma anche di qualche passaggio divertente (una perizia giustificò il pregio ambientale dell'area di Punta Perotti con la presenza in loco di «merli, torni, pettirossi, passere scopaiole, capinere, silvie, occhicotti, magnanine, sterpazzole, cuculi (…) e altre specie di fosso che si uniscono alle stanziali»: prima dei palazzi lì c'erano prostitute e sfasciacarrozze) e di molti particolari inediti, tipo l’esposto inviato al Csm contro i magistrati baresi o anche la lunga lettera al giudice Maria Mitola che per prima aveva disposto il sequestro. Rimasti, l’uno e l’altra, senza risposta.
Il libro, la cui tesi è che in molti - a partire dal sindaco di Bari, Michele Emiliano - hanno costruito una carriera sulla demolizione dei palazzi, è costruito su documenti e ritagli di giornale.
di MASSIMILIANO SCAGLIARINI
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